Il mio amico Prella

Ricordo dell'ex Presidente della Comunita' Montana Alta Valle Elvo, Diego Prella, morto a Ivrea e sepolto a Donato (Biella) il 2 febbraio 2005

Forse se l’era davvero immaginato cosi’ il ritorno al Padre: un luminoso pomeriggio d’inverno, i gonfaloni di tanti Comuni, i sindaci con la fascia, le bandiere dei partigiani, il prete e la messa, i garofani rossi.

Era un grande uomo il Presidente Prella. “Presidente” per antonomasia: della Cooperativa di mutuo soccorso, della Banda musicale… ma, in particolare, della Comunita’ Montana Alta Valle Elvo. C’e’ stato piu’ di 20 anni. Quasi tutti lo chiamavano Presidente; i compagni partiani “Folgore”, pochi donatesi d’eta’ “Sindaco”.

Chi scrive, giovane laureato in agraria con modestissime esperienze professionali alle spalle, l’ha conosciuto la mattina del 1° settembre 1981, in occasione di una temporanea assunzione: un gentiluomo d’antan. Cortese di quella cortesia canavesana che i biellesi conoscono solo di lontano. Durante quel primo incontro ho detto un sacco di stupidaggini. Lui, senza darmela a vedere, avra’ riso sotto i baffi, avra’ pensato – come mi ha detto tante volte dopo – che il laureato e’ il “manovale” della professione. Di sicuro avra’ intuito che solo il tempo avrebbe chiarito se ero in grado di fare quello che aveva in mente, e quale rapporto ci sarebbe stato tra di noi. Dopo 23 anni di professione (18 e rotti con Lui), non so se ho centrato i risultati che aveva in mente, ma una cosa e’ sicura: il nostro rapporto e’ stato grande. Mi ha insegnato “tutto” -spero di aver imparato qualcosa-: la gratuita’, la forza, la disponibilita’, la tenacia, la dignita’, la fratellanza socialista, il gusto di un cena in “piola” dopo una giornata di lavoro, e… tutto quello che, di buono, viene in mente.

Diego Prella, salese doc, classe 1924, orfano giovanissimo di entrambi i genitori, era stato allevato a Torino da parenti: di qui la sua bella parlata, diversa dal biellese… ibrida. Il sabato e nelle feste, tornava, in bicicletta, da Torino a Sala. Con 19 anni la guerra partigiana tra Valle d’Aosta e Biellese. Pochi anni al Ministero della Ricostruzione post-bellica, poi una vita all’Olivetti: responsabile dei cantieri edili. Nel frattempo ha conosciuto e sposato Velia, in una giornata di molta neve spalata dai salesi sino al confine del comune, e dai donatesi dall’altra. Forse per avvalorare quella fatica, si e’ fermato nel paese della moglie (per lavoro, d’inverno, viveva a Ivrea). Dal matrimonio nascono Noris e Nerina. Ma uno come lui non poteva stare tranquillo? Tanto per impiegare il tempo in qualcosa di utile, e’ diventato Sindaco piu’ volte ed e’ stato nell’amministrazione di Donato ininterrottamente dal 54 al 99. Comunista sino ai fatti d’Ungheria, poi socialista, del PSI.

Ha avuto un sacco di amici (poteva essere diverso?) e qualche buon nemico. Nel suo paese ha “allevato” amministrativamente generazioni di giovani. A tutti ha impartito gratuite lezioni di realismo (piegarsi sulla cosa da conoscere), di ragionevolezza (tenere conto di tutti i fattori in gioco), di moralita’ (amare la realta’ piu’ dell’idea che ci siamo gia’ fatti), di disponibilita’ (pensare ai bisogni degli altri prima che a sé).

Ha messo in piedi gli uffici della Comunita’. Ha impostato programmi che continuano ancora oggi, come la manutenzione delle strade minori, la programmazione urbanistica, la filiera legno, il caseificio di valle, i servizi sociali e innumerevoli azioni minori. Ha voluto bene a noi dipendenti. Ci trattava come figli che dovevano crescere con il suo esempio vivente piu’ che con pistolotti moralistici. Era presente, disponibile, curioso. Non c’era cantiere che non visitasse, con la neve alta prendeva la sua macchina e andava dove c’erano i problemi: qualche volte tornava con la macchina bocciata. Curava i rapporti con tanti funzionari delle “Autorita’ Superiori” (come li chiamava lui) che, al bisogno, ricambiavano la cura e l’amicizia. Aveva una debole: amava il pettegolezzo. Non quello cattivo, ma le cose degli altri lo interessavano, soprattutto quando si trattava di automobili, di rapporti amorosi, di mangiar e bere o di tresche d’affari: nessuno e’ senza peccato...

In questi ultimi anni, con la dignita di sempre, ha sofferto: tanto. L’ultima volta che l’ho visto vivo, aveva compiuto da poco 80 anni. Con le lacrime agli occhi mi ha detto: « Caro, sto combattendo le mie ultime battaglie», poi di se’ non ha piu’ detto ma ha voluto sapere della mia famiglia e del lavoro. Dopo Natale non si e’ piu’ sentito di vedere nessuno, qualche giorno all’ospedale di Cuorgne’, pochi altri a Ivrea dove e’ morto lunedi 31 gennaio.

Caro, vecchio, buon Presidente socialista, che se ne e’ andato in una giornata d’inverno con la banda che suonava “il sol de l’avenir”, e i garofani alla Craxi, adesso che vede tutto, che tutto e’ chiaro, ora che e’ al cospetto del “Sol che e’ venuto” a condividere la nostra povera natura umana, preghi la Vergine per noi che restiamo, incapaci come sempre, a continuare la Sua opera. Ne abbiamo bisogno: siamo troppo orfani del “Presidente”.

Costante Giacobbe

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