Più filierba, meno colesterolo
Come si mettono insieme le due cose? Beh, i modi sono tanti ma, in questi giorni, è terminato in Piemonte (ma hanno collaborato anche i Lumbard) un “progettone”, si chiama: Filierba - Sviluppo di filiere zootecniche basate su foraggi polifiti per superare le difficoltà dei comparti carne e latte e migliorare la sostenibilità degli allevamenti – mica da ridere… Un progetto nell’ambito del PSR 2014-2020, Misura 16.1.1 sulla cooperazione tra aziende agricole, imprese, enti di ricerca, che, in ragione della pandemia, ha sforato nei tempi.
Foraggi
polifiti?? Non è così difficile. Prati e pascoli, composti da più di 5 – fino a
decine e decine – di specie erbacee diverse. Insomma quella roba che mangiavano
e mangiano i ruminanti: dalle pecore e dai cammelli di Abramo, ai bisonti di
Pecos Bill, roba normalissima insomma.
Normalissima
sino a 40/50 anni fa, oggi non è più così. Molti però potrebbero dire: quando vado a
spasso per la Val d’Aosta, in estate, vedo le “mucche” che mangiano l’erba,
cosa ci raccontate?
Facciamo
così. I foraggi polifiti vengono usati - in misura diversa - in quasi tutte le
aziende zootecniche, piccole e grandi. Nelle aziende più grandi, per superficie
e numero di capi (essenzialmente quelle di pianura), nella dieta la fa da
padrone l’insilato di mais mescolato a prodotti proteici (soia, girasole) e a
mangimi concentrati. La gran parte del latte del nord Italia, da decenni, viene
da queste aziende. Oramai la definiamo “alimentazione convenzionale”. Quella
delle aziende di montagna e delle piccole realtà di pianura, abbiamo iniziato a
chiamarla “a foraggi polifiti”. Se non fosse chiaro e se avete un po’ di tempo
e curiosità, potete approfondire qui: https://filierba.it
Con
alcune varianti la cosa vale anche per la carne e per i bovini specializzati in
queste produzioni! Una roba alla volta.
Il
promotore del Programma è stata l’Università di Torino e il soggetto principale
il Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari DISAFA. La diciamo
tutta: l’attore principale è il Professor Giampiero Lombardi, uno che la sa
lunga di Alpicoltura (non apicoltura!) e di Gestione dei sistemi
agropastorali, un signore molto alla mano anche se ha un curriculum lungo
così. Hanno trovato dei partner (trovate una lista in fondo) e si sono fatti
approvare, dalla Regione, il progetto, mica quattro soldi... Siamo all’inverno
2020/21 quando tutto si è messo in moto. Videoconferenze a go-go (eravamo in
pieno periodo covid), ufficiali e amicali per spiegare a tutti i soggetti
l’idea principale ma anche una serie non piccola di azioni secondarie. Per
dirne una, l’approfondimento della vicenda “piante commestibili”, le erbette
come le chiamano le nonne, per l’alimentazione umana. Il partner principale
di questa sezione è “Club amici della Valchiusella”.
Ci
concentriamo di più sulla vicenda latte e formaggi. Nel Piemonte nord il
Caseificio Valle Elvo di Occhieppo Superiore (BI) ha indicato un certo numero
di aziende zootecniche socie che sapeva far grande uso di foraggi polifiti,
tutte con sede a cavallo tra Biellese e Canavese. I tecnici DISAFA le hanno
visitate, hanno intervistato gli allevatori, hanno cartografato le aziende e valutato
le produzioni (quantità e qualità) di un certo numero di prati e pascoli
all’interno di queste.
Quando
i tempi sono stati maturi, e dopo puntuali accordi tra gli attori, il
caseificio ha raccolto il latte solo delle aziende scelte (senza mescolarlo con
l’altro) e l’ha trasformato in formaggio. Al suo arrivo in stabilimento c’era
un tecnico dell’Istituto Zooprofilattico del Piemonte ad aspettarlo. Campioni
di latte e di “cagliata” (il preliminare del formaggio stagionato, appena
uscito dalla caldaia) venivano portati a Torino e analizzati. Stessa cosa per
il formaggio a 30 e 60 giorni di stagionatura. Così per 11 volte, tra l’agosto
2021 e il febbraio 2024, in tutte le stagioni. Con pazienza, fino alla fine del
Programma: il 5 maggio 2024.
Cosa
ci si aspettava? Che le analisi confermassero che l’alimentazione “a foraggi
polifiti” avesse qualche speciale qualità o beneficio per l’alimentazione
umana. E allora? Non ci crederete, ma è andata proprio così!
Il
latte, la cagliata e il formaggio sono più ricchi di acido oleico che ha effetti antiossidanti e
sembra essere capace di mantenere nella norma i livelli
di colesterolo (soprattutto quello “cattivo”)
nel sangue, oltre che di ridurre i valori della pressione arteriosa. E,
soprattutto, hanno un ridotto rapporto tra omega 6 e omega 3 che, i moderni
studi, hanno stabilito meglio essere il più basso possibile: sotto il 2,5!
Bingo!
Però San Tommaso (il vostro cronista) direbbe e dice: "… nelle aziende
indagate, sono allevate razze rustiche (Pezzata rossa, Valdostana, Pinzgau)
rispetto alle vacche specializzate da latte, non è che i nostri ottimi dati
dipendono dalla genetica?" Gli
esperti rispondono: "NO, derivano in grande misura
dall’alimentazione". Chi siamo noi per non credere?
NB
Per la carne valgono – grosso modo – gli stessi dati.
Costante
Giacobbe
Caseificio
Valle Elvo
Il
progetto si propone di: 1. Promuovere lo sviluppo di filiere di produzione di
carne e latte bovini basate su sistemi di alimentazione che impiegano
prevalentemente foraggi da praterie polifite; 2. Promuovere l’adozione di
soluzioni innovative per la gestione dell’allevamento al fine di migliorare
l’organizzazione aziendale dei produttori primari e rafforzare il legame tra
prodotti e territorio; 3. Sviluppare produzioni integrative a quelle
zootecniche (piante eduli).
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