L'esperienza piu' decisiva di quest'anno

Credo che l’esperienza principale di quest’anno sia stata la percezione di non poter piu’ delegare a nessuno il mio problema con il Destino. Non ai capi, non al gruppetto, non al Movimento, non alla Chiesa. E’ un problema che ha a che fare solamente con me. Tutto e’ utile, oppure, niente e’ inutile, ma in gioco ci sono “io”.

Ho, da anni, la mia regola di poverta’, di preghiera e di approfondimento della dottrina cristiana. Sono sufficientemente fedele a ognuno di questi gesti. Tenendo conto che si puo’ peccare in pensieri, parole, opere ed omissioni, non credo di fare volontariamente peccati in “opere”. Con l’eta’ ho anche imparato a tenere a bada la lingua, cosi’ che sono diminuiti i peccati di “parola”. Restano in gran numero quelli “di pensieri” e, forse, quelli di “omissione”. Forzando la mia natura pigra, mi lascio coinvolgere dai gesti del Movimento. Mi pare quindi di essere un buon cristiano e un ciellino fedele. Sento pero’ che in questa analisi c’e’ del moralismo.

Credo che la parola che piu’ mi ha toccato quest’anno sia “alzare lo sguardo”. Io sono “rapporto con l’Infinito” ma i suoi pensieri non sono i miei pensieri e le sue vie non sono le mie vie. Sento fortemente la vertigine di essere in mano al Mistero. La mia umana saggezza e’ niente, caccole di mosca, senza il Suo Spirito. Devo chiedere il dono dello Spirito: da quando mi alzo a quando vado a dormire, anche nelle veglie notturne. Quello che era giusto sino a un istante prima, anche la tradizione tutta intera della mia gente, della mia famiglia, della mia educazione, puo’ essere, un istante dopo, follia. Quello che e’ sempre stato vero puo’ diventare falso. Resistere pervicacemente nel “giusto” e nel “vero” di prima puo’ rendermi sterile. Sottomettere l’idea all’esperienza. Stupito desidero affrontare il reale – anche le cose che immediatamente non mi corrispondono - con tutta la baldanza di cui sono capace. Con S. Paolo mi viene da dire: sono io, ma non lo sono piu’, sei Tu che (devi) vivere in me. Con la tradizione benedettina mi pare di dover lavorare con le mie mani... ma con la Sua forza.

Non mi scandalizza (quasi) piu’ il temperamento degli amici che mi richiamano a queste cose. Possono essere umanamente e istintivamente distanti da come sono io. Certuni – forse – non li capiro’ mai, e faro’ sempre fatica a dividere una giornata con loro. Ma li sentiro’ sempre vicini al mio cuore se mi aiuteranno – come hanno fatto nel tempo e quest’anno – a far memoria: cercare, rivedere, risentire, lo Spirito di Cristo.

Dopo 24 o 25 anni di Movimento, dopo averla ripetuta decine di migliaia di volte, mi sembra che l’orazione piu’ perfetta sia quella che il Don Gius ci ha insegnato il primo giorno: Veni Sante Spiritus, veni per Mariam.

Costante

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